(La femme de l'aviateur)
Francia | 1981
• LUNEDì 11/11 •
► ORE 19:00
in versione francese con sottotitoli italiani
prezzo speciale € 5,00
introduzione a cura dell'SNCCI
Determinata, indipendente, capricciosa e, a volte, rude, perfettamente consapevole del fascino che esercita sugli uomini, Anne, 25 anni, è il prototipo di tutte le giovani donne protagoniste dei film del ciclo Commedie e proverbi. Anche quella apparentemente più lontana da lei, la Delphine di Il raggio verde (interpretata dalla stessa attrice, Marie Rivière, che per Rohmer ha recitato in otto film), le somiglia nel desiderio di non cedere alle logiche piccolo-borghesi o alle soddisfazioni immediate, di non accontentarsi o svendersi, poco importa se si diventa, agli occhi degli altri, donne difficili, diverse, incomprensibili. Di certo, Anne ha un’idea di relazione che suona eccentrica per come separa amore e convivenza, e per come, al presente, si sdoppia, senza troppo tormento, tra un uomo sposato, Christian (Mathieu Carrière), l’aviatore del titolo, e un giovane studente, François (Philippe Marlaud), che per arrotondare lavora di notte alle poste. Uomini molto diversi che permettono ad Anne di esercitare, in forme opposte, il rifiuto delle convenzioni. Come per tutte le donne “diverse” – perché moderne, insoddisfatte, coraggiose – protagoniste di Commedie e proverbi, non si tratta, banalmente, di insofferenza alle regole; piuttosto, come rivela anche la caparbia ricerca di un marito da parte di Sabine ne Il bel matrimonio, le donne raccontate da Rohmer si appropriano delle regole per riscriverle al di fuori degli automatismi e delle convenzioni sociali, e per fare della propria vita un racconto in prima persona. Lucie (Anne-Laure Meury), che François incontra per caso su un autobus mentre insegue l’aviatore e sua moglie, non fa eccezione: ha solo 15 anni ma come certe donne volitive e irriverenti da commedia classica americana si impossessa rapidamente della situazione (del resto, alla realtà preferisce i romanzi) e prima sullo sfondo del Parc des Buttes-Chaumont, poi in un bar spinge François a confrontarsi sul suo rapporto, fonte di preoccupazione e infelicità, con Anne. Rohmer segue a distanza ravvicinata, ma con pacatezza, il gioco degli incontri che decide la trama. Qui, come in altri film del ciclo, lascia che il caso (e i fraintendimenti) determini gli snodi, consegnando al racconto un sentimento vagamente favolistico, da commedia, appunto, che addolcisce il rigore con cui le parole scavano incessantemente, senza ipocrisie, nelle scelte, nelle intenzioni, nelle speranze e nei desideri dei personaggi: «Non si può pensare a niente» è del resto il proverbio che incornicia il film. L’incedere è quasi documentaristico, anzi naturalistico, come la Parigi che fa da sfondo alla vicenda, banale e, insieme, cinematografica: la zona di Buttes-Chaumont è legata a Louis Feuillade, mentre l’amato Marcel Carné ha ispirato lo sguardo sulla “normalità” parigina dell’ufficio postale su cui si apre il film, delle stazioni della metropolitana, dei bar qualunque di cui fa l’elogio l’Octave di Le notti della luna piena, interpretato da Fabrice Luchini, che qui compare per pochi secondi.