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IL VENERABILE W. 
 

VENERDI 27/03

► ore 21.30

 

 

 

 

 

Regia: Barbet Schroeder
Sceneggiatura: Barbet Schroeder
Fotografia: Victoria Clay
Montaggio: Nelly Quettier

Il film svela la figura e il percorso di Wirathu, maestro buddhista birmano che, predicando “la protezione della razza e della religione”, ha fomentato l’odio dei suoi seguaci nei confronti della minoranza musulmana dei Rohingya, convincendoli che la loro religione fosse minacciata di estinzione. In Birmania il 90% della popolazione è buddista e professa la necessità di amare tutti gli esseri e la certezza che dalla violenza non possa nascere che altra violenza. Tutti gli esseri, dice Wirathu, tranne i musulmani. Questi sono paragonati da Wirathu ai pescigatti: si riproducono rapidissimamente, possiedono una natura aggressiva e distruggono l’ecosistema in cui si trovano.
Il regista candidato al Premio Oscar Barbet Schroeder si chiede come una filosofia così pacifista e tollerante come il Buddhismo, da lui stesso praticata, possa provocare tali degenerazioni nell’animo umano. Attraverso un’intervista esclusiva con Wirathu, Schroeder ci porta a conoscenza di un atroce massacro agito in nome di una presunta necessità di proteggersi da un presunto nemico.

 

"Con uno sguardo che si tiene laterale per mettere ancora più in mostra la stortura del pensiero del suo protagonista, il monaco birmano islamofobico Ashin Wirathu, Barbet Schroeder firma una regia attonita eppur rigorosa, in un’opera che ragiona sulla politica religiosa, sul pensiero che si autodefinisce “superiore” e sul primato della materia belluina rispetto all’evaporazione della “fede”." (Motivazione alla nomina di Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani SNCCI)

 

«Di lui ho sentito parlare quando, facendo delle ricerche sul buddismo, mi sono imbattuto in uno studio di Yale su un genocidio in cui il buddismo era implicato. Così mi sono trovato a chiedermi come fosse possibile che la religione pacifica per eccellenza potesse essere legata a cose del genere. Nel corso della mia vita ho perso progressivamente tutte le illusioni politiche e religiose, il buddismo è la mia ultima illusione. Ma come tutte le religioni, anche quella buddista è umana, e se è umana ha in sé anche il male» (Il regista Barbet Schroeder)

 

«Il documentario di Barbet Schroeder sul monaco in questione è un documento doloroso, spaventoso e altrettanto importante, in questi tempi di notizie poco accurate, quando non falsificate. Raramente la parabola di un disegno di genocidio è stata registrata con tanta chiarezza e in tempi tanto rapidi (per quanto, è ovvio, le radici affondano nel passato e nel profondo), se non nei libri di storia, alla voce “nazismo”.
Non si tratta di un facile paragone: nella predicazione di Wirathu si contano, come in una lista nera, i punti che non possono mancare nel manuale del perfetto razzista. (…) Mettendo insieme il materiale filmato di propria mano con l’archivio sterminato di immagini oggi a disposizione (i video realizzati con l’iPhone dai protagonisti degli eventi, nel 2012), Barbet Schroeder (di)mostra quanto pronta e repentina possa scattare la scintilla dell’odio, su un terreno coltivato a dovere, anche se questo terreno si trova nella terra della pace e della preghiera per antonomasia. Il suo affresco non è completo (…) ma il film ha la lucidità di far capire che Wirathu non è la causa ma il mezzo di amplificazione di un odio presente e sotterraneo, le cui ragioni superano di gran lunga la retorica religiosa.
Le immagini amatoriali delle brutalità scatenatesi sono spesso insostenibili, ma a provocare lo sconcerto e la riflessione sono anche i momenti in cui Schroeder sposta la camera dall’Asia all’Europa rilevando pericolose corrispondenze.» (mymovies.it)





 

 

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