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ALLA MIA PICCOLA SAMA

 

VENERDI 21/2

► ore *20.00

 

SABATO 22/2

► ore *20.00

 

DOMENICA 23/2

► ore *20.00

 

- BAFTA 2020 MIGLIOR DOCUMENTARIO

- EFA 2019 MIGLIOR DOCUMENTARIO

 

PRIMA VISIONE 

 

Regia: Waad Al-Kateab, Edward Watts
Musiche: Nainita Desai
Montaggio: Chloe Lambourne, Simon Mcmahon
Suono: Jez Spencer - (mixer)
Durata: 95'
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Produzione: WAAD AL-KHATEAB PER CHANNEL 4 NEWS, ITN PRODUCTIONS FOR CHANNEL 4 AND PBS FRONTLINE
Distribuzione: WANTED CINEMA
Data uscita 13 Febbraio 2020

 

Waad è una studentessa universitaria quando, nel 2011, sull’onda delle primavere arabe, la gioventù di Aleppo insorge contro la dittatura di Bashar al-Assas e ne domanda a gran voce la fine. La repressione del regime però è spietata e dà luogo alla più sanguinosa guerra civile del nostro presente. Molti fuggono, ma Waad resta, a fianco dell’amico Hamza, che diventa in quegli anni suo marito e anche l’ultimo medico rimasto, nella zona ribelle, per curare centinaia di feriti al giorno, nei mesi atroci dell’assedio della città, nel 2016.

"Mia figlia è cresciuta durante l’assedio di Aleppo. Dovevo fare questo film per lei." (La regista Waad al-Kateab)

"Alla mia piccola Sama è a suo modo un caso unico, probabilmente il film più potente che ci sia arrivato, sicuramente il più emblematico, per una pluralità di ragioni, sulle quali primeggia la posizione della videocamera di Waad al Kateab: al centro di un bersaglio annunciato. Ma c’è di più, perché il film non si configura solo come un potenziale testamento privato e collettivo in fieri, ma anche come il racconto urgente e umanissimo di una crescita personale, accelerata dagli eventi, che trasforma una ragazza in una donna e madre, e una giovane filmaker in una giornalista coraggiosa e rispettata, una voce dalla primissima linea, tutto senza pregiudicare l’intimità del suo obiettivo, inteso nel duplice significato di mezzo e fine. Al centro di ciò, e dell’immagine e del sentire dello spettatore, c’è la piccolissima Sama, cuore pulsante della rivoluzione, termometro di sopravvivenza, miracolo incastonato nell’orrore della tragedia nella tragedia: il genocidio dei bambini siriani. Della loro sofferenza, ma anche della loro resistenza, Sama è il simbolo toccante e universale. La camera di Waad inquadra i morti, lo strazio, il lutto, il terrore, senza censurarsi ma senza indugiare: c’è una bontà dello sguardo, che il lavoro di editing pensato con Edward Watts incornicia ed illumina, che fa sì che, laddove la denuncia è necessaria ma la visione intollerabile, sia la commozione a prevalere infine sull’orrore, il desiderio di vita su quello di morte, il sogno del futuro sul rimpianto del passato e sull’oscurità del presente. Un film destinato a entrare nella storia del documentario e delle colpe collettive di un secolo. ('mymovies.it')

"Aleppo, 2017. Sama ha quasi un anno di vita. I suoi occhi felici si fissano sugli occhi della madre, le sue braccia quasi inermi si arrampicano sulle spalle del padre. È nata ad Aleppo, durante l’assedio: suo padre Hamza è medico, sua madre Waad al-Kateab è giornalista. La stessa che ha diretto insieme a Edward Watts For Sama, una “lettera d’amore” che è diventata ora un toccante documentario, vincitore di numerosi premi tra i quali l’EFA, l’Oscar Europeo. Sama è la vita che dà sapore alle esistenze dei genitori in una città che è sotto assedio dal 2012. Un anno importante perché è l’anno in cui Waad al-Kateab si trasferisce per studiare Marketing all’Università. Waad filma tutto quello che vede: Bashar Al-Assad ha iniziato la sua politica oppressiva e gli universitari non vogliono rimanere fermi a osservare, a subire. Protestano, vogliono una società più libera e presto si scontrano con una polizia dai metodi autoritari e con un regime che diventa sempre più duro.
Lo spazio per la ribellione diventa uno spazio non più libero e accessibile ai civili. Il presente, con la sua pesante verità, inizia il suo lento cammino di distruzione. Waad sta filmando tutto. Il mondo deve sapere quello che succede in Siria. Con una costruzione temporale mai lineare, ma pienamente funzionale alla realtà, la regista e protagonista inizia a raccontarsi. Durante le proteste conosce Hamza, un giovane medico che insieme alla sua equipe compie il suo difficile dovere quotidiano: “In 20 giorni – racconta Hamza – abbiamo effettuato 820 operazioni e sono arrivate oltre 6000 persone che avevano bisogno di essere salvate”. Hamza dovrebbe andare via, sposarsi con una donna che vive lontano da Aleppo, ma decide di restare. Sa che Waad è ormai diventata una persona importante nella sua vita.
Il sì di Waad al matrimonio, l’arrivo di Sama, la decisione di rimanere ad Aleppo, nella città che dal 2012 non ha più strade, non ha più tetti, non ha più un palazzo senza rovine. Quel sì iniziale di Waad diventa racconto necessario e quotidiano per Sama. Le bombe che uccidono i civili, i corpi sepolti nelle fosse comuni, il fango che sporca le strade, le lacrime che solcano i visi: la macchina a mano e i droni nelle strade riprendono tutto. Le distanze si assottigliano e quel fumo, quel rumore assordante, quella paura smettono di essere personali e diventano collettive. Il futuro di Sama non può essere costruito senza la conoscenza del suo passato.
Arriva un momento, poi, in cui l’uomo smette di essere uno spettatore e diviene una persona, un fratello, un amico. Non si possono chiudere gli occhi. Sama siamo tutti noi che non dobbiamo assistere e dimenticare. Soprattutto quando arriva quella donna in ospedale e una mano salda riesce a riprenderla: ha perso i sensi per una grave ferita e occorre estrarre il neonato che ha in grembo. Saranno pochi minuti, ma quelle immagini portano con sé tutta la crudeltà dell’uomo che stermina l’uomo e tutta la grandezza dell’uomo che salva la vita." ('Emanuela Genovese')

 

 

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