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LA RAGAZZA D'AUTUNNO

 

VENERDI 31/1

► ore 21.30

 

SABATO 1/2

► ore 21.30

 

DOMENICA 2/2

► ore 17.45

 

PREMIO FIPRESCI AL 72FESTIVAL DI CANNES UNCERTAIN REGARD
MIGLIOR ATTRICE A Viktoria Miroshnichenko, Vasilisa Perelygina FESTIVAL DI TORINO

 

 PRIMA VISIONE IN ESCLUSIVA

 

Regia: Kantemir Balagov

Attori: Viktoria Miroshnichenko, Vasilisa Perelygina, Andrey Bykov, Igor Shirokov, Konstantin Balakirev

Durata: 130'

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: DCP

Produzione: NON-STOP PRODUCTION

Distribuzione Movies Inspired

Data uscita 9 Gennaio 2020
 

1945, Leningrado. La seconda guerra mondiale ha devastato la città, demolendo i suoi edifici e lasciando anche i suoi cittadini distrutti fisicamente e mentalmente. Anche se l'assedio - uno dei peggiori della storia - è finalmente finito, la vita e la morte continuano la loro battaglia in ciò che rimane. Due giovani donne, Iya e Masha, cercano il significato e la speranza nella loro lotta per ricostruire le proprie vite tra le rovine.

 

"UN DRAMMA DALLA REGIA PERFETTA, CHE CONFERMA IL TALENTO DI KANTEMIR BALAGOV

 GIOVANE MAESTRO DEL COLORE E DELLO SGUARDO"

('mymovies')

 

"All’opera seconda, Kantemir Balagov - acclamato prima a Cannes e poi a Torino col suo esordio TESNOTA - conferma di essere un cineasta di razza: LA RAGAZZA D'AUTUNNO è un film che mostra allo spettatore l’intelligenza cinematografica del suo autore e la capacità di cambiare toni, stili e approcci senza perdere in efficacia e personalità.
Ambientato in Unione Sovietica, alla fine della seconda guerra mondiale, il film racconta di una donna altissima, da cui il soprannome di “spilungona” che dà il titolo al film, e del rapporto con un’altra donna, sua compagna d’armi, forse amante, che le lasciò il figlio durante la guerra e al suo rientro lo trova morto.Sensi di colpa, riscatti e sentimenti diventano la legna con cui Balagov e Aleksandr Terekhov alimentano il racconto, dando spazio a personaggi e ambienti diversi per farne una grande storia sul prendersi cura degli altri.
 
Sembra senza un centro definito LA RAGAZZA D'AUTUNNO, ma lo si scorge poco a poco, mentre il regista sembra divagare negli ambienti, nei contesti: il centro è il rapporto tra le due donne, le loro ombre che l’affetto reciproco illumina, e il loro rapporto riverbera sugli altri, sui personaggi che volta per volta entrano nel quadro e rendono un racconto intimo un vero e proprio affresco in sedicesimi di un sentimento, quello della pietà e della compassione, in un’epoca in cui i sentimenti erano ancora inariditi dalle bombe.
Balagov prende l’eredità di una tradizione narrativa tra le più grandi di ogni epoca e luogo e la fa sua grazie a un senso del cinema vivo, denso e prezioso, a un respiro dei personaggi che non perde mai la propria umanità anche in mezzo al dolore e alla tristezza assoluta (era anche il maggior pregio del suo film precedente) usando la densità della pellicola per valorizzare espressivamente colori e luoghi, come il verde che fa da sottile filo conduttore emotivo della vicenda.
LA RAGAZZA D'AUTUNNO è un film profondo, intenso, che a volte pare perdersi ma che ha il pregio di un occhio e di un cuore dietro la macchina da presa capaci di comunicare qualcosa di universale eppure rarissimo come l’empatia, la voglie di occuparsi e voler bene a qualcun altro, sia un figlio o un estraneo.
Un sentimento da rispolverare mentre siamo inariditi dal mondo." (Emanuele Rauco)

 

"Balagov, non ancora trentenne, è senza dubbio uno dei registi più talentuosi della scena contemporanea, e questo secondo lungometraggio, che segue l'acclamato Tesnota, lo ribadisce e conferma.Balagov, non ancora trentenne, è senza dubbio uno dei registi più talentuosi della scena contemporanea, e questo secondo lungometraggio, che segue l'acclamato Tesnota, lo ribadisce e conferma.
Difficile pensare ad un uso del colore più elegante, eloquente ed emozionante, o ad un cinema che trasudi altrettanta verità, tanto che pare di sentirne l'odore, l'aria intrisa di polvere, gli sbalzi di temperatura tra esterni e interni, il leggero graffio della lana grezza sulla pelle.
In anni in cui il contenuto è tornato al centro dell'interesse dei registi, e i loro virtuosismi si manifestano soprattutto nella ricerca di nuove formule del racconto, Beanpole riporta prepotentemente la forma in primissimo piano, rischiando la maniera, a volte sì, ma costruendo, nelle scene chiave, momenti indelebili di grande cinema.
La prima parte del film è la migliore: Iya, la "giraffa", è ancora al centro della scena, col suo corpo-mistero, strumento di pace e arma di morte, e la strana coppia che forma con il bambino, vittima sacrificale e metafora di un'innocenza impossibile, contiene tutta l'emozione che il film poi non offrirà più, infilando la via algida della relazione morbosa e manipolatoria, che è propria della coppia Iya-Masha. Ma le scene dell'ospedale e della vita domestica, nelle cucine condivise e nei pianerottoli di passaggio, e il gioco che scolora nella tragedia, non si dimenticano e nutrono l'intero film.
Quel che viene dopo riporta il discorso sul dramma storico, a un dopoguerra che ha le sembianze di un purgatorio, in cui tutto ha un prezzo altissimo. Si lotta per risorgere dalle ceneri ma il passato non è ancora tale e l'impaccio, di cui Iya è immagine simbolica, è quello di chi deve imparare a vivere in un mondo nuovo e dimenticato: le donne, in particolare, che portano sul volto le rovine più pesanti della guerra e al loro interno le perdite più traumatiche.
Alla visione del regista contribuiscono naturalmente il lavoro certosino e autoriale della direttrice della fotografia, Ksenia Sereda, e dello scenografo Sergei Ivanov, oltre che l'apprendistato di Bagalov presso Sokurov, maestro di sguardo e di bellezza" (mymovies)

 

 

 

 

 

 

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