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SANTIAGO, ITALIA

 

SABATO 16/02 
► Ore 14.40

► Ore 17.10

 

DOMENICA 17/2 
► 15.10

 

 

Regia: Nanni Moretti
Soggetto: Nanni Moretti
Sceneggiatura: Nanni Moretti

 
 
 

Il film-documentario racconta, attraverso le parole dei protagonisti e i materiali dell'epoca, i mesi successivi al colpo di stato dell'11 settembre 1973 che pose fine al governo democratico di Salvador Allende, e si concentra in particolare sul ruolo svolto dall'ambasciata italiana a Santiago, che diede rifugio a centinaia di oppositori del regime del generale Pinochet, consentendo poi loro di raggiungere l'Italia.

 

NESSUN PASSAGGIO OLTRAGGIOSAMENTE RETORICO, NESSUN EFFETTO D'ATMOSFERA. UN DOCUMENTARIO 'PARTECIPATO' CHE FA ODE ALL'INTELLIGENZA CHE FU' ('mymovies')

 

Mentre lavorava al nuovo lungometraggio di finzione, Nanni Moretti si è concesso una parentesi documentaria singolare: un ritorno alla politica, ma di sbieco, schivando in apparenza l'attualità, senza parlare del presente né dell'Italia. Solo in apparenza, però: perché la parte più emozionante di Santiago, Italia ci riporta al nostro Paese e al nostro tempo Il film ha una forma semplice, quasi didattica, che alterna interviste frontali e materiali di repertorio raccontando l'entusiasmo per l'elezione di Salvador Allende e il governo di Unidad Popular, il golpe di Pinochet, il terrore e la repressione. Quasi un'operazione di riepilogo, che sarebbe utile mostrare nelle scuole. Gli intervistati sono quasi tutti ex militanti che hanno vissuto il golpe dalla parte delle vittime, il che dà al film un'aria di testimonianza generazionale, come un'autobiografia di un pezzo di sinistra che porta implicitamente con sé anche il ricordo di una fase di battaglie nette, in cui si sapeva da che parte stare. Si ascoltano operai, artigiani, intellettuali, registi. Dalle testimonianze emerge in particolare la figura luminosa del cardinale Raúl Silva Henrìquez (poi marginalizzato da Wojtyla). I protagonisti raccontano con passione, lucidità, perfino ironia; a volte si commuovono, e Moretti (che si tiene fuori campo) li intervista mite e partecipe. Anche con gli unici due militari intervistati cerca anzitutto di capire, ma il suo distacco si increspa, specie in un fuori campo in cui rivendica il proprio non essere imparziale. Il cuore del film è però la seconda parte, quando viene raccontato (attraverso la voce dei testimoni diretti) il ruolo che ebbe l'Italia nel salvataggio e nell'accoglienza dei rifugiati politici cileni. La nostra ambasciata ospitò centinaia di persone in pericolo di vita, che scavalcavano il muretto della sede diplomatica, venivano sistemate al suo interno e poi inviate in Italia, dove erano accolte e ospitate. Trovarono lavoro, casa, e soprattutto interesse e solidarietà da parte di cittadini di ogni orientamento politico. Sentivano spesso, da parte di persone sconosciute, una domanda sincera, semplice come il film, che sembra tristemente provenire da un passato lontanissimo: «Che cosa posso fare?». Come ricorda uno degli intervistati: «Sono arrivato in un Paese molto simile a quello che sognava Allende in quel momento. Oggi viaggio per l'Italia e vedo che l'Italia assomiglia sempre di più al Cile, nelle cose peggiori del Cile». Forse proprio per l'enorme coinvolgimento emotivo che il golpe ha causato nella sua e in altre generazioni di italiani, Moretti ha scelto una struttura piana, priva di retorica. E ciononostante (o forse proprio per questo) Santiago, Italia comunica nello spettatore emozioni profonde. Più di tutto, forse, una certa amarezza, e perfino una rabbia: non solo per l'ingiustizia e i crimini rievocati sullo schermo, ma per l'energia e la dignità con cui il nostro Paese ha saputo reagirvi; per quello che l'Italia era e per quello che è diventata. ('La Repubblica')

 

"Due sole inquadrature. Sono quelle che Nanni Moretti concede a se stesso nel formidabile "Santiago, Italia". Nella prima, in apertura, è di spalle sopra la città circondata dalle Ande. È un gesto di iscrizione. Come dire: questa città, queste storie, mi appartengono, anzi ci appartengono e riguardano tutti noi. Anche qui, anche oggi. Forse soprattutto oggi. La seconda volta Nanni appare per dire a un militare che si protesta innocente: «Io non sono imparziale». Il resto è occupato dai ricordi dei cileni che nel 1973 trovarono scampo dal golpe nella nostra ambasciata in Cile, e dei funzionari che li aiutarono, talvolta anche a venire in Italia. Sono storie bellissime, spesso incredibili, cariche di dignità e di paradossale nostalgia, ma non prive di risvolti buffi o assurdi, anche quando sono storie di tortura. Poche, lo stretto indispensabile, le immagini d'archivio. C'è Allende naturalmente, anche con Neruda. C'è il suo ultimo discorso prima di morire alla Moneda (ucciso o suicida? Ognuno ha le sue teorie), Pinochet appare pochi secondi in immagini televisive molto disturbate. Quasi tutto è affidato alla viva voce, mai espressione fu più calzante, di testimoni, uomini e donne di ogni tipo. Sono loro, dal loro punto di vista unico e irripetibile, a ricostruire tutto. Il clima politico, l'assedio economico, l'ostilità dei media in mano alle destre, il ruolo degli Usa, le responsabilità collettive e individuali («Abbiamo solo eseguito gli ordini», dice uno dei due militari intervistati). Più d'uno si commuove, mai quando te lo aspetteresti.. E sono sempre loro, alla fine, a evocare un'Italia lontana anni luce da quella cui sembriamo rassegnati. Sicché questo viaggio iniziato così lontano, nel tempo e nello spazio, ci riporta al qui e ora. Con la forza dell'epos collettivo celato in tutti quei volti. E l'urgenza che trasmette ogni tanto la nostra immagine allo specchio.
('L'Espresso')

 

"In un Paese che ha confuso, pasticciato e dimenticato la propria memoria, cancellando (o quasi) anche quanto di condiviso era stato costruito intorno ai valori dell'antifascismo, approda il barcone Nanni Moretti con il suo carico di lucida provocazione etica. Il documentario "Santiago, Italia" racconta, attraverso i fatti, i fattacci e le stragi del colpo di Stato in Cile dell'11 settembre 1973, il come eravamo allora e come siamo oggi con riferimento diretto ai 600 rifugiati nell'ambasciata italiana che non solo così sfuggirono alla mattanza voluta dalla giunta in divisa di Pinochet ma furono, poi, accolti in Italia in un giro di stretta solidarietà. (Il Secolo XIX)

 

"Al tempo delle bandiere che scolorano al vento, nei giorni dei balletti davanti al baratro, Moretti afferma con forza: “Io non sono imparziale”. Bisogna farsi sentire, essere parte attiva. Santiago, Italia si apre con l’autore che guarda la città dall’alto, che domina le case e la gente che vi abita. Questa è la sua cronaca, una versione dei fatti potente e “di parte”, che respinge la vigliaccheria di chi si tira indietro. “Io non sono imparziale”. Oggi non dovremmo esserlo neanche noi." (Gian Luca Pisacane)

 

 

 

 

 

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